Vincenzo De Simone

RAGNATELA, 1964-2006, china tempera collage su carta neon, cm 70x50
VANESSA, 2006, tela su tela tempera luminescente neon, cm 70x50

Vincenzo DE SIMONE
” secundum lumen”


13 APRILE –  12 MAGGIO 2006

Inaugurazione giovedì 13 aprile, ore 18.00
Presentazione di Valerio Dehò
Testi di: Giorgio Di Genova – Sandro Parmiggiani – Ugo Piscopo
A cura di Andrea Della Rossa

Intervento poetico musicale di Nicola Napoletano, Pablo Visconti e Anna Pellizzari 

Vincenzo De Simone ritorna alla terra natia con la proposta di nuovi lavori dove la luce è l’elemento esistenziale dell’opera e della fruizione. È la luce che si fa sostanza figurativa in modo progressivo anche se rimane all’interno di una tecnica tradizionale della pittura, o meglio, del suo fantasma (Valerio Debò).

Già nel 1974 De Simone affermava con le Apitture la pratica della sua idea che “non è più possibile dipingere se non come critica della pittura stessa”. La sua personale tecnica toglie materia al dipinto con un’intelligente operazione: tagli della tela e, con materiale vario, supporti retrostanti di puntellamenti, di ancoramenti e d’ispessimento. Il “retro” del quadro (sempre nascosto) diventa elemento vitale di coesione dell’intera struttura. E la luce, non  più elemento di rappresentazione di strumenti tradizionali della pittura, transita libera sulla superficie, penetra nelle ferite e racconta la realtà che si fa arte.

La realtà prima bianca, ora, nel ciclo “Secundum Lumen”, si colora e sempre senza materia: vale lo stesso gioco dei tagli e della costruzione del retro per creare, come dice Debò, una figurazione sfigurata che non vuole rivelare il trucco della mimesi, ma vuol fare diventare il trucco l’anima stessa della pittura. Anche il retro del quadro, fisicamente celato (solo qualche campione quale matrice staccata a miracolo mostrar) acquista il suo volto; il quadro presenta un supporto che gli permette una rotazione di 180°. Il gioco diventa più gioco e le stesse regole svelano che il celato non dev’essere mostrato se non come suo possibile. I lavori di De Simone asseriscono quello che smentiscono significando che i riflessi della pittura attraverso i giochi delle trasparenze sono verità che la luce rivela con la sua dualità: illusione e realtà.

In quest’ottica il soggetto diventa causa di dimostrazione che tra arte e natura non esiste contiguità: farfalle, foglie di diverse tonalità (stagioni) e Charlie Chaplin evidenziano una semplificazione del visivo non solo pro disorientamento, ma anche pro valutazione del concetto che l’arte può giungere a smentire se stessa affermandosi. Se ne deduce che i soggetti quanto meno hanno valore più fanno risaltare il procedimento e ciò che rappresentano è secondario rispetto al processo stesso. In alcune opere presentate la fonte luminosa non è la luce diretta, ma la luce artificiale posta dietro il quadro a creare l’illusione della realtà sulla superficie. È questa, un’artificialità che nulla cambia ai fini del risultato, ma che rafforza una diversità basilare poiché dà la percezione di essere già di per sé presente in altre forme tecniche. L’illusione, quindi, riacquista la sua valenza alla luce naturale. 

Sorpreso ti trovo
al crocevia dell’ovvio e del banale
a cogliere la nuova poetica
che sale dalle ferite della superficie
con la verità della luce 

Il perché è solo tuo. È chiaro che De Simone ci consegna una verità profonda: l’arte quale inganno visivo è espressione reale del suo tempo.
Giovanni De Simone