NAKATAKE

Takayuki Nakatake: “Kazuo Ohno”, 2000 – Foto stampata su carta washi, 195x125 cm
Noriaki Yokosuka: “Sayoko”, 1981 - Foto, Crystal Print, 80x100 cm

Takayuki  NAKATAKE
Noriaki  YOKOSUKA
“fotografie”


15 FEBBRAIO –  28 MARZO 2008
Inaugurazione  venerdì 15 febbraio ore 19,00  
a cura di Andrea Della Rossa
testo di Marco di Mauro

Takayuki Nakatake e Noriaki Yokosuka esprimono due opposte concezioni della fotografia: l’uno aspira a rappresentare il vero, la realtà concreta e materiale in cui si svolge la nostra esistenza; l’altro vuole cogliere l’ineffabile, l’arcano, quella dimensione ulteriore che soggiace alla percezione sensibile.

Nakatake, come un pittore naturalista del Seicento, indugia nella cruda descrizione di una realtà dimessa e profondamente vera. Le sue immagini emergono dal fondo in virtù di un vigoroso chiaroscuro, che esalta impietosamente la callosità delle mani, o la pelle rugosa e avvizzita dei volti. Il fotografo è animato dalla strenua volontà di documentare il lato umano della storia, i segni del lavoro e della passione che restano incisi sulla pelle come ferite mai rimarginate. Attraverso le membra sofferte di uomini e donne, Nakatake ci trasmette la forza e la dignità della vita che, malgrado le dure condizioni imposte dall’ambiente, riesce ancora a perpetuarsi. Sarebbe riduttivo, tuttavia, descrivere le sue fotografie come mera documentazione: l’artista giapponese tende a delineare una poesia per immagini, in cui il dato reale, lungi dall’esaurire il proprio significato in una tautologia, muta la sua identità per diventare segno, contenitore di esperienze, rappresentazione di uno stato d’animo.

Al contrario, Yokosuka tende a sublimare la realtà fino all’astrazione, mediante una talentuosa messinscena che rievoca le poetiche rappresentazioni del teatro kabuki, imperniate sull’espressione corporea non priva di allusioni sessuali. Le sue fotografie celebrano l’essenza femminile attraverso un sottile gioco di velature e di trasparenze, che esaltano i purissimi lineamenti del corpo, il colorito latteo della pelle, le dolci protuberanze dei seni e l’acceso incarnato delle labbra. Anche i sontuosi kimono, esibiti in un tripudio di panneggi rigonfi e avvolgenti, contribuiscono a rendere la grazia femminile, che si dispiega leggiadra nella mimica e nella danza. Ogni azione, ogni gesto si carica di una forte pregnanza simbolica, ma la medesima espressività si manifesta nelle pose bloccate, sospese in un’atmosfera onirica che rinvia, ancora una volta, alle sofisticate rappresentazioni del teatro kabuki. Accanto alle figure femminili, nelle fotografie di Yokosuka compaiono dei cortei maschili, spesso mascherati, ammaliati dalla bellezza muliebre che tentano di afferrare con le mani avide e bramose.  La donna, però, non si lascia possedere, mantiene un quid etereo ed evanescente che la proietta in una dimensione superiore.

Marco di Mauro